Programma Regionale per il Friuli
Novembre 2012
Indirizzi generali
Per una nuova politica dell’autonomia
La Costituzione della Repubblica pone in uno dei suoi primi articoli (art.5) la necessità di adeguamento dei principi e dei metodi della legislazione italiana alle esigenze dell’autonomia e del decentramento più ampio.
Il sistema partitocratrico pluralistico, che ha preso l’abbrivio dalla Costituzione, ha per lunghi anni rappresentato e soddisfatto la molteplicità delle anime regionali, le diverse tradizioni socio-economiche e le differenti radici storiche, politiche ed etnico-culturali di un Paese unificato come Italia appena nel 1861.
Ma allorché il tradizionale sistema partitocratrico, nel nome della governabilità, ha incominciato a manifestare l’irresistibile tendenza centralista e verticistica, nonché l’aspirazione al bipartitismo, inteso come regime dell’alternanza e dell’occupazione a turno del potere, si è spezzato quell’equilibrio, sul quale si reggeva il composito assetto politico italiano del dopoguerra, che mirava ad assicurare, appunto, con la stessa pluralità dei partiti e la loro continua dialettica, una democrazia largamente rappresentativa e partecipativa.
Si sta così passando, dal rischio dell’ingovernabilità, al rischio altrettanto grave di una politica egemone e dominante, nella quale i partiti più grossi, favoriti anche dai seggi in premio, potrebbero finire con l’escludere dalla ribalta politica milioni di cittadini non allineati o non “assorbiti”, realizzando il passaggio da una democrazia aperta, ed a larga partecipazione, ad una democrazia oligarchica e per cooptazione, nella quale il popolo si potrà esprimere solo attraverso un voto preconfezionato e pilotato dalle “lobby” più influenti.
Appare dunque oggi più che mai necessario riportarsi allo spirito della Costituzione, rinforzando, come contropartita al processo generale di semplificazione e di condensazione politica in atto, l’autonomia ed il decentramento dei poteri in sede locale, assicurando quell’ideale di adesione e di compartecipazione alla vita pubblica del Paese, nella diversità delle esperienze, delle esigenze e delle realtà storiche, che è stato il pensiero dominante del nostro costituente.
Diviene dunque imperativo il bisogno di recuperare forme più ampie possibili di autonomia e di autogoverno, rapportandole innanzitutto a quella realtà istituzionale, che appare costituire l’autentico e più significativo “minimo comune multiplo” territoriale della vita politica ed economica, e che riunisce tutti coloro che qui risiedono ed operano, programmando il loro futuro e quello dei loro figli, cioè la Provincia, ente di area vasta, che esiste, sia pure con vari nomi, in tutti gli ordinamenti.
Una riorganizzazione del territorio dello Stato caratterizzata da una forte autonomia della Provincia costituisce innegabilmente uno strumento di crescita democratica diretta, d’incentivazione dell’interesse alla partecipazione della popolazione, che in tale area vive, alla scelta degli uomini, che devono rappresentarla, dei programmi, delle priorità, delle soluzioni e dei criteri di gestione delle risorse, incominciando da quelle finanziarie, che, secondo i noti principi del federalismo fiscale, debbono restare innanzitutto a disposizione di chi le produce.
In altri termini potrà così mutarsi l’attuale, insoddisfacente rapporto tra cittadini e politica, in un nuovo corso di democrazia a più alto livello, in cui il cittadino sia veramente al centro della politica, ne sia l’ispiratore ed il protagonista, nel rispetto del valori della Costituzione, che appunto indicano l’autonomia come un traguardo ineludibile di sviluppo democratico, segnalandone anche il modo per perfezionarlo, laddove viene previsto (art. 118 della carta Costituzionale) che le Regioni esercitino “normalmente” le loro funzioni amministrative “delegandole alle Province”.
Dunque l’ autonomia voluta dalla Costituzione, se riuscirà a riqualificare un nuovo assetto istituzionale, garantirà senz’altro più poteri decisionali a casa propria, più efficienza, più benessere, più sicurezza, e maggiore moralità nella vita pubblica, mediante maggiore trasparenza e controllo: sarà la prima, vera, grande riforma volta a rendere la nostra Regione, e quindi il Paese, più moderni, funzionalmente ed economicamente più dinamici, e genuinamente democratici, dopo 60 anni di Costituzione.
Il modello dell’autonomia provinciale basato:
sulla gestione complessiva di tutte le funzioni amministrative, può infatti estendersi a tutte le regioni italiane, anche a quelle che non sono previste a statuto speciale, che dovrebbero venir ammesse a legiferare nelle materie indicate dall’art. 117 della Costituzione, di significato coisiddetto “domestico”, costituendo uno Stato “federale” articolato sull’autonomia delle singole province , o di consorzi o federazioni interprovinciali, ovvero, in alternativa, sulle cosiddette “città metropolitane”, aree organizzate nella stessa posizione di completa autonomia amministrativa della Provincia, quali estese forme di convivenza, capaci di rappresentare contenitori fondamentali di esigenze di vita speciali, delle quali Trieste dovrebbe costituire il primo esempio.
Approvazione e promulgazione da parte della Regione delle leggi di propria competenza, gestione delle funzioni amministrative più importanti delegatele dallo Stato, in aderenza alle leggi regionali, promuoverà e coordinerà in senso sinergico e d’interesse congiunto le iniziative delle Province: con modesti ritocchi di ordine costituzionale si potrà rendere il sistema delle autonomia locali il fulcro di un autentico rinnovamento dello Stato, con tutto quello che ne conseguirà in termini di miglioramento dei servizi pubblici, di economia, e di qualità della vita.
A tale riforma potrà accompagnarsi, con notevole risparmio di mezzi e razionalizzazione dei servizi, la progressiva eliminazione delle Prefetture, i cui residui compiti ed il personale, sul modello austriaco e tedesco, potranno essere tranquillamente assorbiti dalle nuove Province: lo stesso Presidente della Provincia, esattamente come il “Bezirkshauptmann”, potrà assumere le funzioni di rappresentanza governativa proprie del Prefetto.
Per maggior garanzia, si potrà prevedere qualche particolare regola di eleggibilità per il Presidente della Provincia, come, ad es., competenze già acquisite in settori dell’amministrazione o degli enti pubblici.
I Comuni più piccoli non debbono sparire, per migliore tutela delle identità e dei presidi di libertà, che essi rappresentano, ma essere incentivati ad aggregarsi in forme associative, per meglio gestire servizi e risorse, e contare di più nel più vasto ambito provinciale.
Questa appare l’architettura territoriale più confacente ai principi costituzionali e democratici del nostro Paese, se vogliamo davvero rinnovarci, in vista delle sfide degli anni 2000, che ci attendono, e non correre pericoli d’involuzione democratica, dovuti al crescente distacco dei cittadini dalla classe politica e dalla sua azione.
Per ciascuna carica elettiva (locale, regionale o nazionale) sono previsti soltanto due mandati, eventualmente consecutivi.
Non possono essere candidati coloro che abbiano riportato condanne definitive ad oltre un anno di reclusione per reati di natura dolosa, ovvero che siano stati dichiarati falliti, o interdetti, o sottoposti ad amministrazione di sostegno.
Nel caso di condanna definitiva sopraggiunta dopo il conferimento del mandato l’eletto sarà tenuto, pena l’espulsione, a dare immediatamente le proprie dimissioni dall’incarico.
Egualmente dovrà dimettersi chi, ottenuto un incarico politico, ritenga di non condividere più il programma del movimento da lui accettato.
Il numero dei consiglieri provinciali può essere aumentato in proporzione ed in correlazione all’importanza dell’istituzione da amministrare: due consigli provinciali insieme possono presentare proposte di legge regionali da approvarsi da parte della Regione.
L’impossibilità di determinare una maggioranza in giunta determina lo scioglimento del consiglio ed il ritorno alle urne.
Tutte le nomine di tecnici, esperti, consulenti, dirigenti o amministratori di enti “esterni” debbono essere attinte da un apposito albo pubblico, al quale tutti potranno iscriversi, e dovranno essere valutate per merito e titoli da un’apposita commissione “sorteggiata” tra tutti i consiglieri provinciali e presieduta dal Presidente della Provincia: non possono essere iscritti a tale albo coloro che abbiano già ricoperto incarichi elettivi nelle istituzioni comunali, provinciali, regionali o nazionali, a meno che non sia trascorso un quinquennio dalla cessazione del predetto incarico.
Non possono nemmeno esservi iscritti coloro che non si trovano in condizioni di eleggibilità come sopra indicate.
I rappresentanti di tutte le categorie economiche e professionali, e delle minoranze linguistiche sul territorio costituiranno una Consulta, che almeno semestralmente verrà udita dal Consiglio provinciale o da suoi delegati.
La moralizzazione della vita pubblica deve essere altresì perseguita attraverso decise azioni di contenimento e riduzione della spesa pubblica, non tagliando stipendi e servizi essenziali, quanto piuttosto eliminando privilegi e spese di rappresentanza superflue, nonché rinunciando alla concezione della politica come carriera personale e beneficio “a vita”.
La politica, infatti, non deve essere un mezzo di gratificazione o di promozione dell’individuo, ma piuttosto un impegno consapevole volto ad offrire ai più vasti strati del pubblico, sia pure nella diversità delle ideologie, competenza, capacità, professionalità, esperienza, idee e garanzie di rettitudine, per contribuire a risolvere i veri problemi della collettività.
“Autonomia per la nostra terra” propone così per tutti gli eletti a cariche pubbliche, e per qualunque incarico o funzione, l’immediata riduzione di un terzo degli emolumenti, delle indennità o delle remunerazioni per qualunque ragione percepite, anche a titolo di pensione.
Si elimineranno tutti gli enti inutili o i “doppioni” esistenti e si rivedranno tutte le procedure amministrative attualmente previste nell’ottica della semplificazione e dell’autocertificazione diretta da parte degli interessati: eguale obiettivo dovrà porsi tutta la legislazione prodotta a livello regionale, che dovrà essere comunque accorpata ed armonizzata in “testi unici” per le varie materie di competenza, facilmente consultabili da chiunque. Ogni legge regionale deve essere preceduta da uno studio di compatibilità con la legislazione nazionale, e di possibilità di adeguamento ad analoghe leggi delle Regioni confinanti.
Deve essere costituita e gestita unitariamente da un apposito consorzio interprovinciale una società nel campo dello sfruttamento delle risorse idriche ed energetiche prodotte in Regione, che razionalizzi interventi, spese ed investimenti nel settore, a favore delle Province.
Parimenti è necessario rafforzare i poteri dell’ARPA. per il contenimento ed il controllo dell’inquinamento ambientale, con nuovi poteri propositivi e consultivi: è opportuno altresì istituire un corpo volontario di tutori dell’ambiente, a scopo di sensibilizzazione dell’opinione pubblica, di segnalazione di casi rilevanti d’ infrazione alle norme ambientali, e di collaborazione in tema di risanamento di aree inquinate.
Deve essere garantita la difesa delle risorse naturali e paesaggistiche (parchi e foreste) e di tutto l’habitat ambientale, con una progettazione di interventi finalizzati principalmente alla salvaguardia delle salute e del benessere delle persone, in conformità dell’art. 132 della Costituzione.
Per la stessa salvezza del territorio è necessario avviare urgentemente una politica di lungo respiro, volta alla realizzazione di impianti di termovalorizzazione, che, razionalizzando al massimo la raccolta dei rifiuti, ne consentano l’eliminazione con recupero di risorse energetiche con conseguenti vantaggi economici e il più largo utilizzo da parte dei centri regionali.
Per fornire quindi adeguata tutela alla famiglia ed ai minori, anche ai fini dell’applicazione della recente legge sull’affido condiviso, è necessario istituire un Tribunale per i Minorenni quanto meno anche a Udine, a servizio di tutta la zona del Friuli e della Carnia. Va completato il programma per la creazione di asili nido in ogni centro, anche più piccolo, onde garantire a tutte le donne che lavorano concreto ed effettivo sostegno.
L’”Autonomia” aderisce pienamente ai principi dell’ economia sociale di mercato, che esalti il ruolo fondamentale dell’impresa e della libera iniziativa privata: peraltro in un quadro, che regoli e tuteli le condizioni della concorrenza, dei lavoratori e dei loro diritti individuali e sindacali: la sicurezza del lavoro deve essere garantita con controlli più incisivi nelle aziende riconosciute a rischio ed in tutti i cantieri, introducendo un’ adeguata politica d’informazione dei lavoratori e delle criticità del loro lavoro, nonché innovazioni tecniche idonee a ridurre le potenzialità di danni.
Va rapidamente superato il deficit infrastrutturale della nostra Regione, nel rispetto delle condizioni ambientali e paesaggistiche, che la caratterizzano. Realizzazione del “corridoio 5” con minor sacrificio possibile dell’ambiente; realizzazione della terza corsia autostradale in direzione Venezia e Austria; rafforzamento dei collegamenti tra il Porto di Trieste, l’ “Autoporto” di Cervignano e la rete autostradale; potenziamento dell’aereoporto regionale mantenendone il controllo in capo alle Province.
Tutti i poli di ricerca universitaria e pubblica debbono essere valorizzati anche attraverso il collegamento al mondo delle imprese ed ai vari settori della vita economica, per cooperare al loro sviluppo e supportarne gli sforzi di miglioramento tecnologico e produttivo. In un’ ottica nazionale “Autonomia per la nostra terra” è decisamente favorevole a riforme essenziali e strutturali, che possano costituire la base per un autentico rinnovamento del Paese.
Si reputa necessaria la riforma del sistema parlamentare, con una riduzione del numero dei parlamentari, e la creazione di una seconda camera rappresentativa delle Regioni. Queste dovranno a loro volta aumentare il loro livello di specialità, ed articolarsi su Province amministrativamente autonome, federate, mantenendosi peraltro l’attuale regime di autonomia differenziata nelle regioni e province autonome caratterizzate da elementi forti di specialità, quali l’esistenza di rilevanti minoranze linguistiche. Ogni legge nazionale dovrà essere preceduta da uno studio di applicabilità e di impatto sui costi amministrativi. Non possono candidarsi al Parlamento a coloro che si trovino nelle condizioni d’ineleggibilità più sopra previste.
Indispensabile ed urgente appare altresì la riforma del sistema fiscale, con l’introduzione di chiari principi di federalismo e proporzionalismo fiscale, nonché di semplificazione della tassazione attraverso la creazione di “testi unici” d’imposta, che rendano a tutti facilmente intelleggibili le quote spettanti e le modalità di pagamento delle singole tasse. Le Commissioni tributarie debbono trasformarsi in Tribunali specializzati, con giudici qualificati e disponibili a tempo pieno.
La riforma della Giustizia è obiettivo egualmente prioritario. Si deve separare l’ufficio del Pubblico ministero dalla carriera del Giudice. Il Procuratore della Repubblica, quale magistrato “onorario”, è eletto direttamente dalla popolazione residente nella Provincia, senza alcuna sponsorizzazione politica: dura in carica un quinquennio e non è immediatamente rieleggibile; sceglie tra determinate categorie di persone qualificate i propri Sostituti, della cui azione è responsabile, e che insieme a lui decadono.
Debbono essere istituite cassazioni regionali, per le cause civili e penali di minori rilievo, diminuiti i giudici nei collegi della C.S., ed istituito il giudice unico d’appello, con riserva di determinate materie al collegio.
Vanno riviste le procedure, soprattutto quelle penali, distinguendo e semplificando a seconda della importanza del caso.
Va perseguito con forza la riforma dell’ apparato burocratico ed in genere di tutti i servizi pubblici, per renderli più snelli ed efficienti, adeguati alle esigenze di una società moderna e calibrati sulle reali necessità dei cittadini, con i conseguenti abbattimenti dei costi amministrativi
Un forte impulso va dato ai processi di integrazione europea con la creazione di organismi e di leggi comuni tra tutti gli Stati, che ne fanno parte.
Devono essere promosse politiche dirette alla piena conservazione e valorizzazione del patrimonio storico, artistico, architettonico ed archeologico, con adeguato sostegno per tutte quelle iniziative della realtà territoriale, che perseguono la salvaguardia dei beni culturali nelle diverse modalità e specificità, ivi compresi interventi edilizi finalizzati ad uso culturale. Ciò comporta l’applicazione degli standard funzionali più avanzati, sia espositivi che didattici, delle strutture museali.
La salvaguardia e la promozione di tutte le identità culturali e linguistiche presenti sul territorio devono rappresentare uno degli obiettivi fondamentali dell’azione pubblica, insieme al sostegno alle comunità ed associazioni che perseguono iniziative e progetti volti alla salvaguardia delle singolarità e differenziazioni delle espressioni, dei canti, dei linguaggi, degli usi e costumi.
Di fondamentale importanza appare l’attivazione e il sostegno economico di emittenti televisive, radiofoniche e di network che, per le diverse identità culturali e linguistiche, perseguono gli obiettivi di valorizzazione delle identità, e che possono costituire strumenti di crescita socio-culturale ed essere, nel contempo, indicatori di appartenenza comunitaria.
I flussi migratori che presentano da anni, unitamente ad opportunità reali per l’economia, anche problemi e nuove dinamiche sociali, con riflessi di tipo economico, sanitario e socio-culturale connessi all’integrazione delle persone, vanno governati con equilibrio, spirito di accoglienza e solidarietà, nel rispetto reciproco ma anche nel mantenimento delle identità culturali presenti nella regione FVG.
Nella prassi, una rinnovata politica dell’accoglienza, si articolerà su una progettazione connessa al criterio di “accoglienza sostenibile”, basata sui principi di legalità, e di formazione della cultura accogliente (legge, religione, lingua e costumi) e sostenuta da una forte responsabilizzazione e cooperazione tra le amministrazioni e istituzioni locali, il mondo del lavoro, le normative e provvidenze della Unione Europea. I soggetti provenienti da paesi extracomunitari dovranno essere dotati di un sicuro posto di lavoro, e dovranno dare prova di conoscenza della lingua nazionale e dei principali strumenti di comprensione del paese accogliente, quali la storia e la cultura fondamentale.
Per una politica dei valori
Si ritiene con convinzione di affermare l’esigenza di un’azione politica, che rispecchi nella propria progettualità i principi ed i valori fondanti la nostra società: la centralità della persona umana, la famiglia, l’autonomia e il pluralismo democratico e le radici cristiane dell’Europa. Si tratta di valori peculiari della nostra identità, che costituiscono una solida e condivisa base di riferimento.
Alla persona debbono essere riconosciuti i diritti della libertà individuale, di professione della propria fede, di sviluppo personale, attraverso lo studio e formazione, del lavoro, della salute e della partecipazione democratica alla vita sociale.
La famiglia, quale istituzione naturale fondata sul matrimonio con vocazione alla procreazione (così come espresso dagli articoli 29, 30 e 31 della Costituzione), cementata dall’amore e rispetto reciproco, primo agente dell’educazione dei figli, depositaria e artefice della trasmissione dei valori, deve essere tutelata come la cellula primigenia dello Stato.
L’autonomia e il pluralismo democratico, legati tra loro da un rapporto di intrinseca coerenza e di irrinunciabilità, debbono essere valorizzati e sostenuti, perché più vicini alle reali esigenze del cittadino. Infatti solo una società effettivamente articolata e pluralistica può garantire l’esercizio concreto di una vera libertà delle persone. Questi principi ci spingono a promuovere le autonomie locali, quali soggetti di una democrazia compiuta.
L’unità dei popoli europei, se vuol essere duratura, non può essere solo economica e politica, anche perché, per due millenni l'identità europea è stata ispirata dal cristianesimo, che ha fatto da legante dei vari popoli. Rifiutiamo quindi la rilettura della storia attraverso il prisma di ideologie riduttrici, ericonosciamo le nostre radici cristiane, riconoscenti per ciò che il cristianesimo ha portato alla cultura ed allo sviluppo sociale, di cui oggi beneficiamo.
Una sanità a misura d’uomo
Il sistema sanitario va potenziato nella sua capacità di fornire servizi efficienti e di qualità attraverso una riorganizzazione, che si muova nelle seguenti direzioni: potenziamento degli Ospedali Regionali nel loro ruolo fondamentale di strutture ad alta specialità; valorizzazione del ruolo dei centri universitari come Aziende autonoma dell’Università cui è attribuita la missione di provvedere alla formazione dei futuri medici e degli altri operatori sanitari, rivedendo l’attuale situazione, che ne ha compromesso l’autonomia attraverso la fusione antistorica della sanità universitaria con quella civile; valorizzazione dell’attuale modello di Aziende sanitarie territoriali, rivedendo scelte orientate ad un forte accentramento; riorganizzazione del sistema ospedaliero, mediante la valorizzazione dei Presidi ospedalieri e la riqualificazione dei rispettivi servizi.
In definitiva va ridisegnato il nostro sistema sanitario e ospedaliero secondo i modelli propri di un territorio ad alta dispersione insediativa, che hanno trovato applicazione nelle regioni alpine della Svizzera e dell’Alto Adige, fondato su di una rete di efficienti strutture ospedaliere di piccole dimensioni, adeguatamente distribuite sul territorio, gravitanti per le alte specialità su pochi punti di eccellenza.
I Servizi sociali tra sussidiarietà e solidarietà
Con il significativo invecchiamento della popolazione e l’aumento dell’aspettativa media di vita, cresce rapidamente la domanda di servizi sociali rivolti alle fasce deboli della popolazione.
Va dunque sviluppato un modello alternativo di servizi sociali diretti a sostenere le famiglie, che assuma una marcata impronta solidaristica e comunitaria. Assistenza domiciliare, case di riposo, scuole materne vanno organizzate e gestite tenendo conto delle caratteristiche specifiche dei singoli territori e dei problemi esistenti, avviando un percorso virtuoso di coinvolgimento dei diretti interessati con meccanismi, che sollecitino l’assunzione di responsabilità da parte delle famiglie e i sensi di solidarietà delle comunità locali, oltre che l’interessamento finanziario sia dei fruitori dei servizi - attuali e futuri - degli istituti bancari, delle società cooperative, del volontariato e del mondo dell’imprenditoria locali.
Particolare attenzione dovrà essere rivolta all’emergere di difficoltà reddituali per le fasce giovani e rispettivamente anziane della popolazione, le prime colpite dalle situazioni di precariato del lavoro, e le seconde da processi di erosione del valore reale dei trattamenti pensionistici.
La famiglia e il futuro
La famiglia fondata sul matrimonio è e rimane l’unità di base della società, ove si provvede ai bisogni fondamentali degli individui e ove si trasmettono valori, elementi di identità e modelli di comportamento. Essa è soggetta a processi di erosione dal punto di vista della struttura e dei valori da un lato, e di indebolimento numerico, a causa dell’abbattimento della natalità, dall’altro. La nostra comunità deve avere la garanzia di trasmettersi al futuro attraverso vie di reazione ai processi disgregativi, invertendoli. Innanzitutto vanno individuate gli itinerari per reagire al drastico ridimensionamento della popolazione nei prossimi decenni e invertire la tendenza attuale riguardo alla natalità.
Esperienze del Nordeuropa e di alcune regioni alpine dimostrano come si possa intervenire al riguardo con una politica molto mirata diretta a incidere sui motivi economici e sociali, che spingono le coppie a ridurre il numero dei figli. Una rete capillare di servizi per la cura dell’infanzia e delle lavoratrici madri, interventi mirati per le famiglie in stato di bisogno, incentivi monetari ben calibrati, che incidano sulle capacità reddituali e patrimoniali delle famiglie, e soprattutto delle coppie giovani, la rimozione di meccanismi agevolativi, che penalizzino le famiglie dotate di doppio reddito: si tratta di una serie di interventi la cui efficacia è stata verificata in altre realtà.
Investire nei giovani
Un’azione efficace deve essere svolta per garantire lo sviluppo delle energie giovanili, l’integrazione dei giovani nella comunità, la loro crescita culturale. Ci si dovrà muovere in particolare verso il rafforzamento della rete dei “centri di aggregazione giovanile”; la diffusione e il rafforzamento della rete degli “Informagiovani”, raccordandola meglio al sistema scolastico e a quello universitario; il sostegno agli scambi internazionali, soprattutto con riferimento agli Istituti scolastici e alle Università ove vi siano forti comunità friulane e giuliane; lo sviluppo di politiche, che facilitino il rapido inserimento nel mercato del lavoro dei giovani al compimento dei cicli di studio, favorendone il conseguimento di rapporti di lavoro stabile, soprattutto per i componenti delle giovani coppie; promozione di una politica della casa, che favorisca l’acquisizione dell’abitazione nei centri abitati d’origine, evitando l’invecchiamento degli insediamenti minori e la sottoutilizzazione o la chiusura delle strutture scolastiche.
Garantire le pari opportunità per le donne
Il rispetto reciproco, il riconoscimento delle differenze, la pari dignità devono essere i principi, sui quali si deve realizzare una seria azione per le pari opportunità tra uomini e donne.
Residui modelli culturali, che penalizzano il valore sociale della donna devono essere totalmente superati, riconoscendo il ruolo fondamentale che le donne esercitano non solo nell’ambito familiare, ma anche in quello professionale, sociale e politico. Le discriminazioni vanno spazzate via, con il pieno riconoscimento del valore e della dignità delle donne, anche nel loro ruolo di madri.
Vanno pertanto realizzate azioni positive per garantire il livellamento delle differenze retributive ed assicurare la efficace partecipazione alle attività lavorative attraverso forme intelligenti di lavoro, anche a tempo parziale, e il pieno utilizzo delle più moderne tecnologie, che consentano il lavoro a domicilio e il telelavoro.
Gli immigrati: dal ghetto all’arricchimento della comunità
Vanno affrontati con intelligenza e rigore i problemi, che nascono da un indiscriminato e incontrollato afflusso di persone provenienti da paesi extracomunitari.
Ragioni riguardanti le strozzature nell’offerta di forze di lavoro e legate alla solidarietà, ma anche a meccanismi legislativi nazionali, rendono inevitabile gli apporti umani che vengono da lontano. E’ tuttavia necessario assicurare la limitazione degli ingressi nello Stato a soggetti che offrono serie garanzie nel quadro dell’economia e del tessuto sociale, senza mettersi in conflitto o scompensare la connotazione culturale dello stesso. Perciò dovranno innanzitutto disporre dei fondamentali strumenti linguistici e culturali atti a favorirne il rapido e completo inserimento nella comunità, pur nel rispetto della loro identità d’origine: mai valori e i segni distintivi della nostra identità non devono essere celati o ridimensionati in nome di un malinteso rispetto delle identità culturali o religiose di chi ha scelto di inserirsi nella nostra realtà.
La sicurezza per tutti
La sicurezza è un diritto fondamentale, una esigenza primaria di ogni persona, ed il presupposto essenziale per l’esercizio di ogni attività. Il diffondersi della microcriminalità, il moltiplicarsi di gravi reati, la crescente insicurezza di taluni settori dei centri urbani, lo scarso rispetto per le persone e per le cose, sono tutti aspetti che creano una crescente sensazione di insicurezza, che va contrastata con misure efficaci e risolutive. Si tratta in particolare di: garantire un più efficace coordinamento di tutte le forze di pubblica sicurezza, che vanno orientate verso compiti di prevenzione e di repressione dei reati, trascurando incombenze amministrative o di scarso rilievo istituzionale (come servizio scorte ai “VIP”, notifica di atti giudiziari, interventi che nulla hanno a che fare con lo scopo della sicurezza delle persone e delle cose); potenziare i corpi di polizia locale, costituendo in tutte le Province i corpi di Polizia provinciale, più adatti ad un più organico controllo del territorio; sopprimere il corpo forestale regionale e trasferire uomini e mezzi ai corpi di polizia provinciale, in modo da garantire un migliore impiego delle competenze disponibili, evitando le sovrapposizioni e le situazioni di sott’impiego; unificare e trasferire alle Province i corpi di protezione civile; istituire un corpo di vigilanza volontaria integrato con il corpo di Polizia provinciale; promuovere una cultura della legalità e della sicurezza, con particolare riguardo alle esigenze di rispetto delle proprietà altrui e delle condizioni ambientali.
Programma per il Friuli
Le Province friulane presentano forti caratteristiche di omogeneità, pur nelle diversità ambientali e culturali che le caratterizzano. Questioni puntuali e specifiche possono essere identificate e prevedere soluzioni da individuarsi caso per caso, pur all’interno di una logica generale che viene illustrata nella parte generale del presente programma e secondo i principi di un moderno autonomismo che da un lato si ispiri alle esigenze di valorizzazione dell’identità friulana, e dall’altra sia mirata ad individuare itinerari di crescita che ne favoriscano la reinterpretazione in chiave di un pieno inserimento nella società delle alte tecnologie, della conoscenza e dello scambio internazionale.
Il processo di convergenza dei territori friulani verso comuni destini di sviluppo richiede la definizione di un programma sostanzialmente comune, entro il quale si devono distinguere alcune specifiche questioni, e la costruzione di una struttura istituzionale comune, che è costituita dalla Associazione delle Province Friulane, lo strumento fondamentale di rappresentanza e di impulso allo sviluppo della comunità friulana.
Una struttura istituzionale comune per dare forza al Friuli: la Comunità delle Province Friulane
Sviluppo di ogni opportuna azione diretta alla costituzione di una Comunità Autonoma del Friuli, quale organismo federativo delle tre Province friulane, distinta da Trieste, dotata di
un Presidente, scelto a rotazione biennale tra i Presidenti di Provincia; un Esecutivo, formato da un certo numero di Assessori per Provincia; un Consiglio, formato in seduta congiunta dai Consigli Provinciali;
un Apparato amministrativo, formato dagli Uffici attualmente operanti nelle tre Amministrazioni provinciali, nei settori attribuiti alla Comunità Friulana; un sistema di competenze, che riguardino materie strettamente le situazioni e i problemi propri del territorio friulano, quali; Programmazione scolastica; Pianificazione territoriale; Programmazione e gestione ambientale; Programmazione viabilità interprovinciale; Programmazione attività produttive; Programmazione dello sviluppo della Montagna; Programmazione turistica; Promozione della lingua friulana e delle altre lingue minoritari; Sviluppo dei rapporti con le Comunità friulane nel Mondo.
Questo obiettivo va perseguito senza dubbio attraverso un processo volontario di convergenza delle istituzioni friulane, ma deve acquisire elementi di stabilità con il suo inserimento in un primo momento nella legge sull’ordinamento degli enti locale e in via definitiva attraverso il recepimento nella Carta Statutaria della Regione di una norma che renda stabile tale assetto o non lo condizioni alle mutevoli vicende degli assetti di vertice delle province friulane.
I comuni come nuclei di base della comunità friulana e la loro differenziazione: la riforma degli enti locali
Si deve realizzare una profonda trasformazione dell’attuale assetto degli enti territoriali che si fondi sui principi di un reale federalismo interno che veda i suoi capisaldi nella rigorosa applicazione dei principi di sussidiarietà, adeguatezza ed economicità e nella rivalutazione del ruolo dei comuni e delle province quali enti necessari per una adeguata azione di rappresentazione degli interessi delle rispettive comunità, di prestazione di servizi alle persone e alle imprese e di pianificazione e infrastrutturazione del territorio. In particolare si propongono per i distinti livelli amministrativi le seguenti misure: a) Comuni: Riaffermazione del ruolo dei piccoli comuni come strumenti di presidio del territorio e di prestazione dei servizi di base per il cittadino e correlata semplificazione delle loro competenze e degli adempimenti loro richiesti. Bisogna avere il coraggio di procedere alla classificazione dei comuni in comuni di base (piccoli comuni) e comuni di comprensorio (comuni di medie e grandi dimensioni); b) Comunità montane: Va riconfermato il ruolo di tali organismi associativi dei comuni montani quali organismi di programmazione dello sviluppo delle vallate montane e di prestazione di servizi sovracomunali o delegati dai comuni aderenti; tale ruolo va recuperato attraverso: 1) Il ridisegno dei territori di competenza, attraverso: a) la riduzione della Comunità delle Valli del Torre, del Natisone e del Collio, che deve ridursi al solo territorio delle Valli del Torre e del Natisone, con eliminazione dei comuni non strettamente montani, quali quello di Povoletto, e del Collio;
2) Ridefinizione delle competenze, in modo da non invadere i campi propri delle Province;
c)Province: va rafforzato il ruolo di questi enti necessari riconoscendone appieno le funzioni di area vasta, di coordinamento, di programmazione, di prestazione di servizi sovracomunali, di sollecitazione istituzionale per la soluzione di questioni che riguardino la totalità e come fattori importante di coesione territoriale. Vanno attribuiti a questi enti le funzioni che comunque nelle altre regioni italiane spettano alle province, e in particolare: la difesa del territorio, l’agricoltura, l’istruzione, la formazione professionale, la valorizzazione dei beni culturali.
La valorizzazione dell’identità friulana
Va rivalutato ad ogni livello e con ogni strumento l’acquisizione della lingua friulana, riconosciuta in quanto tale dalla Legge 482/1999, come elemento originario e costitutivo della specialità della nostra Regione, e come componente fondamentale di quel mosaico di lingue e di cultura che rappresenta la vera essenza dell’Unione Europea.
Si ritiene pertanto per conseguire tali finalità realizzare le seguenti iniziative in particolare:
a)l’ufficializzazione dell’uso della lingua friulana - e delle altre lingue autoctone nell’ambito dei rispettivi territori - nei rapporti dei cittadini con la Pubblica Amministrazione in base ad una precisa programmazione organizzativa e di qualificazione del personale;
b) l’attivazione di un canale radiofonico e televisivo in lingua friulana con adeguati spazi riservati alle altre lingue del territorio;
c) la messa a disposizione delle risorse necessarie per lo sviluppo dell’editoria in lingua friulana e nelle altre lingue autoctone;
d) il potenziamento delle attività culturali in lingua friulana e nelle altre lingue autoctone promosse dalle associazioni locali;
e) l’istituzionalizzazione del 3 aprile quale “Festa nazionale del Friuli”;
f) il rafforzamento dell’Ente Friuli nel Mondo quale strumento privilegiato di collegamento con la diaspora friulana e le altre componenti dell’emigrazione dal Friuli;
g) la costituzione di una rete di Istituti Friulani di Cultura presso i Fogolârs dotati di sede, anche nella prospettiva di farne delle “vetrine” del Friuli economico, culturale, artistico, turistico.
I friulani nel mondo come rete potente di internazionalizzazione
E’ necessario valorizzare il patrimonio di fondamentale importanza che è costituito dalle presenze friulane nel mondo, nate sia dalle dolorose esperienze dell’emigrazione imposte dalle difficili condizioni economiche e sociali di tanti territori friulani intorno alle due grandi guerre, sia dalle moderne esigenze di mobilità e circolazione di competenze professionali che caratterizzano l’attuale presenza dei friulani in tanti paesi del mondo; si tratta di una rete potente di presenze e di relazioni di cui l’economia e la società friulane devono fare tesoro. Si dovrà perciò porre in essere una politica che destini risorse più consistenti all’associazionismo operante nel settore, evitando frammentazioni che non siano giustificate da motivi identitari e interventi che si muovano soltanto secondo linee dirette a evocare atteggiamenti nostalgici o attività puramente ricreative. L’Ente Friuli nel Mondo va in particolare potenziato in modo da renderlo un centro efficace e potente di animazione, assistenza e promozione dell’identità culturale e dello sviluppo dei rapporti internazionali delle imprese.
La cultura come fattore di identità e come risorsa
Va data attuazione ad una politica della cultura che privilegi da un lato la conservazione e la valorizzazione dei segni più distintivi dell’identità friulana, costituiti dai beni culturali anche minori, quali i beni architettonici e quelli storico-artistici, e quelli immateriali costituiti dal ricco patrimonio musicale, letterario demoantropologico che costituiscono elementi fondamentali dell’identità friulana, e dall’altro la produzione locale, e la relativa, diffusione, di nuove elaborazioni culturali e artistiche, che inseriscano comunque il Friuli in ampi circuiti culturali europei e internazionali. Coltivare e sviluppare la propria identità non significa chiudersi e isolarsi, bensì mettersi in gioco e confrontarsi con altre espressioni culturali da posizioni di sicurezza e di forza. Si devono pertanto strappare allo Stato le piene competenze in tema di tutela e non solo di valorizzazione dei beni culturali, come è avvenuto con le Province autonome di Trento e di Bolzano e per la Regione autonoma Valle d’Aosta; si devono migliorare le reti museali, bibliotecarie e archivistiche; si deve applicare anche in questo campo il principio della sussidiarietà, investendo dei compiti della salvaguardia e delle valorizzazione innanzitutto i proprietari privati e pubblici dei beni culturali, e poi le loro associazioni. Si deve favorire al massimo l’associazionismo culturale.
L’Università come fattore di crescita e di innovazione
Il maggiore agente di innovazione e di crescita della società e dell’economia friulana è costituita dall’Università di Udine, che deve essere posta nelle condizioni di recuperare i tempi legati alla propria recente costituzione, in termini di dotazioni bibliotecarie, laboratoristiche ed edilizie. Deve altresì essere posta in grado di mantenere gli attuali ritmi di sviluppo re gli elevati livelli qualitativi con sostegni finanziari anche di parte corrente, come avviene per le Province autonome di Trento e di Bolzano per le rispettive Università.
La produzione di conoscenza e di innovazione
Di fondamentale importanza sono i provvedimenti e gli strumenti diretti a favorire il trasferimento delle conoscenze e dell’innovazione tecnologica prodotta dall’Università e dai centri di ricerca al sistema delle imprese. Va pertanto definito ed attuato un pacchetto di provvedimenti che siano rivolti sia alle imprese che all’Università per rafforzare gli scambi di esperienze e i momenti di collaborazione tra questi due elementi del sistema. Va inoltre rafforzato il Parco scientifico e tecnologico di Udine, trasformandolo in una struttura reticolare che saldi in modo efficace le esperienze analoghe di Pordenone, di Gorizia e di Amaro.
L’impresa manifatturiera tra identità, innovazione e apertura
Va sviluppata una azione forte per realizzare strumenti e iniziative che rendano quanto più possibile solido e autonomo il sistema produttivo friulano, rafforzandone il management e conservando in Friuli i principali centri di decisione.
Considerando il Friuli un gruppo sociale che progetta un suo futuro in quanto entità istituzionalmente autonoma, coesa attorno ad una memoria collettiva e ad una coscienza di appartenenza che generano interessi comuni, gli aspetti economici del suo divenire vanno inquadrati in una prospettiva di sviluppo compatibile con la vocazione storica del territorio, le risorse naturali, professionali e imprenditoriali disponibili, le diversità culturali e linguistiche, il sistema di relazioni internazionali maturate tramite la presenza organizzata dei friulani all’estero, e così via, nell’ambito di un’ Europa nella quale la diversità viene assunta quale caratteristico valore irrinunciabile ed elemento costituivo dei processi di sviluppo sociale ed economico.
Una decisa azione di consolidamento dell’insieme del territorio friulano, se da una parte deve tenere conto delle specificità delle situazioni locali, dall’altra deve puntare su un forte recupero del senso di identità del territorio, sul quale costruire un progetto di crescita che smonti lo stereotipo dominante propinato dalla strisciante egemonia culturale, tesa a declassare le potenzialità del Friuli, rendendolo necessariamente subalterno ad aree e centri estremi.
Questo rilancio economico del Friuli, per essere reale e duraturo, richiede quindi una valorizzazione della persona in quanto portatrice di valori specifici che hanno contribuito a trasformare un’area oggettivamente “povera” in elemento significativo di un sistema nord-est, mondialmente riconosciuto per la sua vivacità imprenditoriale.
Tramontata l’illusione della Regione “ponte”, baricentrica nel sistema europeo soprattutto dopo l’allargamento dell’Unione ad est, e preso atto che il suo territorio si caratterizza sempre di più come sede di transito che non registra significativi aumenti di nuovi insediamenti produttivi va, prioritariamente, combattuto lo stereotipo secondo il quale nell’attuale Friuli-Venezia Giulia, l’internazionalità è appannaggio esclusivo di Trieste e della Venezia Giulia, mentre il Friuli viene relegato ad area subalterna non in grado di innescare processi di innovazione, sviluppo e ricchezza. Invece, coordinando le aziende locali, nazionali ed internazionali che producono movimentazione delle merci e le strutture che la gestiscono, attuando adeguate politiche di infrastrutturazione con la creazione di poli logistici e intermodali e incrementando le vie di transito, il Friuli potrebbe affermarsi come sede strategica per la logistica e i relativi servizi. Va, quindi, favorito l’affermarsi di un ambito riconoscibile e ben individuabile, sia a livello italiano che internazionale, per la capacità di gestione della movimentazione delle merci e, più in generale, dei trasporti via mare, rotaia e gomma.
Anche in questa prospettiva, ma non solo, va elaborata e posta in atto una politica di marketing territoriale che promuova adeguatamente le specifiche caratteristiche e potenzialità del Friuli, in grado di attivare un flusso di investitori provenienti dall’esterno e capaci di portare, tra l’ altro, nuovi prodotti, nuove iniziative e nuove opportunità, rafforzando così i presupposti per una effettiva competitività e capacità concorrenziale del sistema.
Centralità va attribuita all’innovazione e all’internazionalizzazione da tradurre in strumenti capaci di incidere sulla stragrande maggioranza delle imprese friulane a conduzione familiare. Non è più sufficiente intervenire con sostegni finanziari o incentivi per la partecipazione a fiere internazionali e la realizzazione di ricerche di mercato. Internazionalizzare, significa oggi, mettere in rete realtà omogenee dando la possibilità di scambi continui di prodotti, sistemi, tecnologie, ecc … destinati a collocarsi sul mercato mondiale.
Una funzione innovativa dei distretti industriali potrebbe proprio essere quella di favorire dei collegamenti transregionali o transnazionali tra distretti integrabili attraverso la messa in rete di eccellenze collocate in territori a valenza globale. Questo può avvenire solamente attraverso la valorizzazione del lavoro che li ha prodotti caratterizzato da un sistema di valori che li rende irripetibili. Per esempio e in via teorica, possono essere ipotizzati collegamenti tra il distretto del coltello del Maniaghese e i simili distretti svizzeri e rumeni. L’integrazione tra soggetti strutturalmente deboli - o non reciprocamente portatori di valore aggiunto - accentua, invece, la debolezza, dando vita ad un distretto perdente.
E’ quindi indispensabile un’azione di accentuazione delle componenti valoriali del territorio friulano, le sole in grado di attribuire competitività ad un prodotto o ad un area.
La stessa logica va applicata, a maggior ragione, all’artigianato che vive una fase di crisi legata alla sua scarsa connotazione identitaria che non gli consente di esibire come valore aggiunto il fatto di essere stato realizzato in un ben identificabile territorio. Artigianato e identità sono elementi inscindibili l’uno dall’altro: un prodotto artigianale privo di identità non ha valore e non è spendibile. La valorizzazione dell’artigianato è quindi la conseguenza di un processo culturale che si basa sulla riappropriazione dei valori del territorio.
Gli incentivi alle imprese artigiane slegati da una parallela azione di politica culturale possono assicurare una faticosa sopravvivenza nel medio periodo ma non sono in grado di fermare l’inesorabile fine di fronte alla concorrenza di prodotti provenienti da territori con una accentuata tipicità locale.
E’ necessario ribaltare la logica che fino ad ora ha caratterizzato gli interventi in merito ai settori produttivi, ignorando completamente il coagulo di quei valori che stanno alla base dell’attività artigianale, industriale, aziendale, professionale, ecc … di quanti operano in Friuli nei vari settori economici e che hanno fatto conoscere ed apprezzare il lavoro friulano in tutto il mondo. Anche trattando di innovazione e internazionalizzazione non si può ignorare il contesto nel quale la strategia va applicata.
In particolare è urgente e necessario:
a) riaffermare il primato delle attività manifatturiere e dei servizi ad esse collegati, le uniche che sulla base delle trasformazioni delle materie prime in prodotti aventi utilità, creano aumento di valore;
b) privatizzare enti, strutture, partecipazioni, patrimonio immobiliare, in particolare gli enti strumentali che la regione ha creato nei decenni, strutture obsolete ma spesso dotate dotate di ingenti risorse da utilizzare; c) finanziare lo sviluppo con un maggiore investimento di risorse locali tramite un meccanismo che alimenti interesse e solidarietà;
d)istituzione di una Scuola superiore dell’Impresa per la formazione imprenditoriale e manageriale;
e)istituzione di una Scuola superiore di Amministrazione per la formazione di una classe dirigente amministrativa (comunale, provinciale e regionale) all’altezza delle sfide dell’autogoverno del Friuli nell’ambito dell’internazionalizzazione dei processi.
L’attuazione di un tale progetto implica l’adozione di un nuovo sistema di relazioni tra pubblico e privati che privilegi il metodo della concertazione e della partecipazione responsabile di tutti gli attori dello sviluppo socioeconomico nella prospettiva dell’affermazione di un Friuli autonomo, strumento principe per l’affermazione di una società locale solidale, prospera ed aperta sul mondo e sul futuro.
Equilibrio e integrazione per il commercio
Il commercio ha assunto connotati completamente diversi rispetto a quelli di non più di dieci anni fa, anche grazie all’imporsi della grande distribuzione, all’avvento di Internet e dell’ e-commerce, e all’ingresso massiccio di tipologie di vendita e di prodotti legati al mercato orientale.
La sostanziale liberalizzazione del settore, con il venir meno di molti strumenti di programmazione, costringerà a individuare nuove direzioni lungo le quali l’amministrazione pubblica dovrà muoversi per tutelare il consumatore e per garantire una dotazione adeguata di esercizi commerciali nei centri storici, nei centri minori e in quelli montani. I grandi esercizi commerciali che si dispongono a nastro lungo tutte le maggiori arterie che portano al centro, hanno avuto conseguenze assai negative sulla dotazione di superfici commerciali nei centri storici, progressivamente svuotati a favore della periferia.
Lo sviluppo può avvenire solamente attraverso una adeguata sinergia con il turismo. Il turismo commerciale è, oramai, una realtà affermata nei territori nazionali ed internazionali più sviluppati. Si tratta, quindi, di innescare processi di attrattività del territorio promuovendo particolari forme di incentivazione che tengano conto del valore storico-artistico delle diverse località nonché della loro specifica identità intesa come valore aggiunto.
La filiera agroalimentare
Il sistema agricolo friulano ha raggiunto livelli notevoli di sviluppo e di qualità, per effetto dello spirito di iniziativa dei produttori e per alcune oggettive condizioni di favore in cui si trova ad operare il sistema delle imprese. L’agricoltura rappresenta taluni aspetti di particolare interesse nel definire il profilo di specificità del territorio friulano, con le sue produzioni di grande livello qualitativo soprattutto nel campo viticolo, con le sue capacità di innovazione, con il progressivo ammodernamento dei processi produttivi.
L’agricoltura friulana deve proseguire in questo itinerario di sviluppo, individuando le vie per superare il particolarismo, soprattutto negli aspetti della promozione dei prodotti, per aumentare il livello di integrazione con gli altri settori (turismo, trasformazione industriale), per garantire elevati livelli di qualità e di sicurezza.
L’autosufficienza energetica
Va perseguito il più alto livello di autosufficienza energetica agendo da un lato sul contenimento dei consumi, con un insieme di interventi diretto a migliorare le prestazioni energetiche dei contenitori edilizi e degli impianti e delle attrezzature di qualsiasi tipo, e dall’altro sulla crescita della produzione di energia, puntando su quelle fonti che presentino alti gradi di sicurezza e di compatibilità con l’ambiente. Il che significa che un forte impulso va dato alle fonti di energia che si fondino su processi continuamente rinnovati dalla natura.
Diventa importante attivare tutti livelli di rappresentanza degli interessi dei cittadini che possono interagire al fine di avviare una sinergia interna al “sistema Friuli”. In altri termini, il sistema territoriale locale può difendersi dall’aggressività di una globalizzazione anche in questo campo, cercando soluzioni autonome, realizzando l’intero ciclo di produzione e collocazione del bene o del servizio all’interno di un territorio di determinate caratteristiche strutturali e culturali, dotato di un’organizzazione di governo capace di realizzarlo. Notevoli sono sia i benefici economici di tale impostazione (la ricchezza e suoi effetti rimangono sul territorio) che quelli di natura sociale (per esempio in termini di occupazione). In tale contesto strategico, il Friuli, con le sue peculiarità - che vanno esplicitate e coscientemente organizzate - dispone di un potenziale di crescita socioeconomico e culturale di notevole valore.
Non solo il contenimento dei consumi e lo sviluppo della produzione da fonti rinnovabili rappresentano gli obiettivi di una politica energetica volta all’autosufficienza, ma anche il controllo delle reti di distribuzione che devono essere gestite da strutture legate agli enti locali o a strutture cooperativistiche, secondo l’esempio di successo dell’Alta Carnia
In particolare si deve intervenire secondo le seguenti direzioni: a) la formazione coordinata dei Piani Energetici Comunali (per i Comuni di maggiori dimensioni) e Provinciali; b) elaborazione di un Piano delle Energie Rinnovabili, considerando l’entità dei boschi e del terreno coltivabile; l’incentivazione alla realizzazione di impianti di termovalorizzazione e di teleriscaldamento in modo da contribuire al raggiungimento di livelli più elevati di autonomia in materia energetica.
Le nuove sfide del mercato del lavoro
La situazione di pieno impiego che caratterizza da anni l’economia friulana pone una serie di problemi che vanno affrontati con decisione. Da una parte si assiste al rifiuto sempre più esteso del lavoro manuale e di occupazioni prive di prestigio sociale, che vengono trascurate dai residenti e affidate sempre in maggiore misura a lavoratori extracomunitari. Dall’altra si verificano situazioni di difficoltà per i giovani muniti di titoli di studio superiori che non trovano adeguate risposte da parte del sistema produttivo. Sotto un altro aspetto crescono le esigenze, sia da parte delle imprese che da quelle di chi si offre sul mercato del lavoro, di forme flessibili di partecipazione alle attività lavorative, atte a conciliare attività di studio e attività di lavoro, impegno lavorativo e impegno familiare.
Per affrontare tali problemi si deve provvedere ad una profonda revisione del sistema del collocamento pubblico, che deve superare l’attuale ruolo registrativi e certificativi, per divenire efficace strumento di fluidificazione del mercato del lavoro e di reale intermediazione tra domanda ed offerta. Va affrontato il problema di una ampia rivalutazione del lavoro manuale, la cui dignità ed importanza deve raggiungere tutti gli strati sociali, in modo da evitare che le esigenze della produzione trovino soddisfacimento solo da poarte dei lavoratori extracomunitari. Infine va affermata una cultura della sicurezza sui posti di lavoro, della trasparenza dei processi di reclutamento, di sincerità nelle dichiarazioni e di rigore nel rispetto delle normative in materia di lavoro.
L’autonomia fiscale e finanziaria: competere con le regioni confinanti
Vanno guadagnati per la comunità friulana alti livelli di autonomia anche nel campo della legislazione economica e tributaria, con potestà di incidere sui livelli della imposizione sia in termini di aliquote, sia in termini di tipologie di tributi, in modo da consentire alla economia friulana di reggere alla concorrenza delle regioni-stato confinanti, quali l’Austria e la Slovenia, nonché di affrontare con successo specifici problemi del proprio sviluppo, e in particolare quelli della montagna, che rendono necessario un abbattimento dei costi insediativi ed energetici.
Le risorse ambientali come elemento di diversità
L’ambiente e il paesaggio rappresentano uno degli aspetti di forza del sistema Friuli e pertanto va sviluppata una forte attenzione nei confronti della tutela e valorizzazione delle risorse ambientali e paesaggistiche, sia ai fini della conservazione degli attuali livelli della qualità della vita, sia come fattore di attrazione di risorse umane e di sviluppo delle attività turistiche. In particolare si dovrà provvedere a porre in atto le seguenti misure:
a) costituzione di una rete integrata di Parchi e riserve naturali, la cui competenza va comunque trasferita appieno alle Province e alla Comunità Friulana;
b) costruzione di strumenti efficaci di protezione del paesaggio naturale e costruito, attraverso interventi di carattere normativo che incidano sulla pianificazione urbanistica, azioni promozionali ai fini della diffusione di una cultura della conservazione e valorizzazione dell’architettura spontanea e del paesaggio agrario, e iniziative incentivanti di comportamenti virtuosi.
c) costituzione di un unico centro di responsabilità per la tutela della qualità dell’ambiente e il controllo delle emissioni solide, liquide, atmosferiche, acustiche e sonore, da individuarsi nella Provincia, lasciando alla Regione solo competenze legislative dirette a fissare standards validi a livello regionale;
d) drastica riduzione dei fabbisogni di smaltimento a discarica dei rifiuti solidi urbani e produttivi, attraverso il pieno recupero degli scarti, la raccolta differenziata, l’incentivazione alla realizzazione di impianti di riciclaggio e di termovalorizzazione e di teleriscaldamento; in particolare va realizzato un impianto di valorizzazione in Provincia di Udine ed uno in quella di Pordenone, in modo da svincolare il Friuli da legami di dipendenza nei confronti di altri;
e) conseguimento della autosufficienza energetica, attraverso la riduzione dei consumi e dei costi energetici e la generalizzazione di fonti di energia rinnovabili.
Il turismo e identità
Identità e comunicazione sono due concetti inseparabili. Si tratta di fondare lo sviluppo turistico su basi identitarie condivise, su un progetto unitario capace di esprimere valori radicati, significativi e costantemente vitali, compresi in un “marchio Friuli”.
Bisogna costruire un’immagine identitaria iconica ed originale che promuova l’irresistibile attrazione esercitata da questi luoghi che non è dovuta alla semplice somma delle opportunità e dei servizi offerti, ma soprattutto all’evocazione di un inconfondibile profumo di civiltà, alla promessa di una peculiare eccellenza e di una affascinante diversità. Questo appeal deve suscitare in chi si avvicina al Friuli il desiderio di identificarsi con queste specifiche identità, di assaporare degli stili di vita, di condividere dei valori.
Far conoscere un territorio che ha vissuto profonde trasformazioni, ma che al tempo stesso è riuscito a rinnovare il proprio modo di essere coniugandolo con il senso della continuità, permette di mettere in evidenza quelle forme di sviluppo che comprendono e reinterpretano i valori della tradizione, che tengono insieme l’impronta del passato e il progetto del futuro. Partendo dal più efficace slogan mai coniato sul Friuli - un piccolo compendio dell’universo - bisogna superare il limitativo ed obsoleto concetto di “cerniera” e ripensare piuttosto il Friuli come baricentro e sintesi dell’Europa, nobile riva mitteleuropea del Mediterraneo, dove una straordinaria stratificazione linguistico-culturale vive sullo sfondo di uno scenario paesaggistico continuamente mutevole. Una varietà-complessità né ostentata né mercificata che può essere colta attraverso un’esperienza di scoperta e di contatto gratificante, perché assolutamente personale. Presentare, dunque, una terra pacatamente sorprendente, di lenta e sottile seduzione, dove “il silenzio sa ancora parlare, in quattro lingue.”
In Friuli, l’attenzione andrebbe focalizzata sull’identità e sull’eccellenza (originalità, esclusività) del prodotto-servizio, in modo rigoroso e selettivo. All’esterno, invece, va programmato un lavoro di filtrazione, capace di indicare rotte, momenti e target, favorendo azioni mirate, non dispersive.
Il lampante dislivello tra qualità dell’attuale promozione turistica e potenzialità del territorio rappresentato viene fornito da una delle aree che più, avrebbe bisogno di sostegno per l’avvio di un suo reale processo di sviluppo: la montagna friulana. Dolomiti Friulane, Valli Pordenonesi, Alpi Carniche, Prealpi e Alpi Giulie costituiscono insieme la più emblematica sintesi della biodiversità e della multiculturalità friulane. Restano, pur tuttavia “montagne invisibili”, marginali, spopolate.
Le azioni locali, estemporanee e autoreferenziali, allontanano e allentano la sensazione della fine, ma non creano un nuovo inizio, non spostano verso un maggiore livello qualitativo e verso l’esterno la percezione di quei luoghi, di per sé straordinari.
La soluzione potrebbe essere cercata nell’inversione dell’approccio, lavorando sull’immenso valore complessivo di questo patrimonio. Una sfida di questo tipo richiede impegno sistematico, richiede capacità di superare digressioni di borgata, richiede autonomia e armonia decisionale, richiede una energica e costruttiva fiducia nella propria civiltà e nel proprio futuro. Richiede visione, coerenza, serietà. Richiede coscienza allargata di essere.
Favorire la mobilità delle persone e delle cose
Le disfunzioni nei sistemi di mobilità delle persone e delle cose rappresentano un freno allo sviluppo economico, un moltiplicatore di costi e una fonte di limitazione della qualità della vita. Vanno pertanto introdotte tutte le misure atte a ridurre i tempi di percorrenza, a migliorare le interconnessioni tra i vari sistemi di trasporto, a razionalizzare gli orari e a rendere comunque più flessibile il servizio.
La mobilità a livello provinciale e interprovinciale va definita e disciplinata sulla base di un Piano interprovinciale dei trasporti che affronti tutti i problemi della mobilità delle persone e delle cose e che si fondi sui seguenti principi:
a) il miglioramento del servizio pubblico di trasporto delle persone che garantisca uguali opportunità di accesso alla mobilità a tutti i cittadini indipendentemente dal luogo di residenza (con particolare attenzione per le aree montane); b) la diversificazione dei mezzi di trasporto, che valorizzi al massimo le diverse forme di trasporto su gomma, su ferro, su acqua; c) la realizzazione di efficaci nodi di interscambio tra le diverse forme di trasporto (intermodalità); d) l’abbattimento delle quote di trasporto di persone e di cose su strada, promuovendone lo spostamento